David Kolb, studioso Americano degli anni ’40 ci ha insegnato come l’apprendimento umano si attivi dall’esperienza ma soprattutto dalla capacità di rileggere la situazione, riconoscere l’errore e, di conseguenza, applicare una correzione. Questo “metodo” lo abbiamo applicato tutti in modo spontaneo e naturale nella nostra vita, fin da quando abbiamo iniziato a camminare, ad andare in bicicletta, a correre, ecc. Ogni caduta, ogni errore è stato determinante per capire, ma soprattutto per imparare e migliorare. Perché quindi avere paura del fallimento in azienda? Per fallimento non intendo quello giudiziale, ma più semplicemente quello professionale ed operativo. Troppe volte mi capita di incontrare manager che fanno di tutto per coprire un errore o provare a scaricarlo a qualcuno di più debole; ed ogni volta mi dico: “che opportunità che sta perdendo questa persona!”. Ognuno di noi, ogni anno, genera decine di errori e l’unica cosa che possiamo fare per crescere è riconoscerli. Gli errori possono essere suddivisi in categorie e livelli di gravità differenti. Abitualmente tutti noi, quando ci occupiamo di un progetto importante, poniamo molta attenzione e cerchiamo di limitare al massimo la probabilità di incappare in errori gravi, sottovalutando tuttavia tutta una serie di micro dettagli che possono fare la differenza come errori di forma, di relazione, grammaticali, di attenzione, di puntualità, di concetto, di stile, ecc. Personalmente, ad ogni inizio anno, rifletto su quanto potrei e dovrei fare nel mio esercizio professionale, consapevole del fatto che sicuramente commetterò degli errori, convinto altresì che, proprio grazie a quegli errori, crescerò e migliorerò. Sono pertanto pronto a non nasconderli, ma ad affrontarli con serietà e responsabilità, cercando sempre di pensare in grande, fallendo in piccolo. Il mio stimolo di riflessione è quindi proprio su questo. Ma perché, se la natura ci dice che dagli errori possiamo migliorare e crescere, spesso tendiamo a non accettarli o non riconoscerli come opportunità? Mi affascina sempre la metafora dell’alpinismo da associare al mondo aziendale. Entrambi, infatti, si possono definire imprese, hanno un obiettivo da raggiungere ed adottano un metodo per farlo. Quando si ascoltano le storie degli alpinisti o si leggono le loro biografie, si capisce perfettamente come per loro il fallimento sia una fase determinante per migliorare e raggiungere l’obiettivo e come l’assenza del fallimento aumenti il timore, la paura di non farcela.SENZA ERRORI È IMPOSSIBILE CRESCERE
